Siroe re di Persia, Venezia, Rossetti, 1726

 ATTO PRIMO
 
 SCENA PRIMA
 
  Gran tempio dedicato al Sole con ara e simulacro del medesimo.
 
 COSROE, SIROE e MEDARSE
 
 COSROE
 Figli, di voi non meno
 che del regno io son padre; io deggio a voi
 la tenerezza mia ma deggio al regno
 un successore in cui
5della real mia sede
 riconosca la Persia un degno erede.
 Oggi un di voi sia scelto e quello io voglio
 che meco il soglio ascenda
 e meco il freno a regolarne apprenda.
10Felice me, se pria
 che m'aggravi le luci il sonno estremo
 potrò veder sì glorioso il figlio
 che in pace o fra le squadre
 giunga la gloria ad oscurar del padre.
 MEDARSE
15Tutta dal tuo volere
 la mia sorte dipende.
 SIROE
                                          E in qual di noi
 il più degno ritrovi?
 COSROE
                                        Eguale è il merto.
 Amo in Siroe il valore,
 la modestia in Medarse.
20In te l'animo altero, (A Siroe)
 la giovanile etade in lui mi spiace.
 Ma i difetti d'entrambi il tempo e l'uso
 a poco a poco emenderà. Fra tanto
 temo che a nuovi sdegni
25la mia scelta fra voi gli animi accenda.
 Ecco l'ara, ecco il nume,
 giuri ciascun di tolerarla in pace
 e giuri al nuovo erede
 serbar senza lagnarsi ossequio e fede.
 SIROE
30(Che giuri il labro mio!
 Ah no).
 MEDARSE
                 Pronto ubbidisco. (Il re son io).
 «A te nume fecondo
 cui tutti deve i pregi suoi natura
 s'offre Medarse e giura
35porgere al nuovo rege il primo omaggio.
 Il tuo benigno raggio,
 s'io non adempio il giuramento intero,
 splenda sempre per me torbido e nero».
 COSROE
 Amato figlio, al nume
40Siroe t'accosta e dal minor germano
 ubbidienza impara.
 MEDARSE
                                       Ei pensa e tace.
 COSROE
 Deh perché la mia pace
 ancor non assicuri?
 Perché tardi? Che pensi?
 SIROE
                                                 E vuoi ch'io giuri!
45Questa ingiusta dubbiezza
 abbastanza m'offende. E quali sono
 i vanti onde Medarse aspiri al trono?
 Tu sai padre tu sai
 di quanto lo prevenne il nascer mio.
50Era avvezzo il mio core
 già gl'insulti a soffrir d'empia fortuna,
 quando udì il genitore
 i suoi primi vagiti entro la cuna.
 Tu sai di quante spoglie
55Siroe finora i tuoi trionfi accrebbe.
 Sai tu quante ferite
 mi costi la tua gloria. Io sotto il peso
 gemea della lorica in faccia a morte
 fral sangue ed il sudore ed egli intanto
60traeva in ozio imbelle
 tra gli amplessi paterni i giorni oscuri.
 Padre sai tutto questo e vuoi ch'io giuri?
 COSROE
 So ancor di più. Fin del nemico Asbite
 so ch'Emira la figlia
65amasti a mio dispetto e mi rammento
 ch'io sospirar ti vidi
 nel dì ch'io tolsi a lui la vita e 'l regno.
 Odio allor mi giurasti.
 E s'Emira vivesse,
70chi sa fin dove il tuo furor giungesse.
 SIROE
 Appaga pure, appaga
 quel cieco amor che a me ti rende ingiusto.
 Sconvolgi per Medarse
 gli ordini di natura. Il vegga in trono
75dettar leggi la Persia; e me fra tanto
 confuso tra la plebe
 de' popoli vassalli
 imprimer vegga in su l'imbelle mano
 baci servili al mio minor germano.
80Chi sa! Vegliano i numi
 in aiuto agli oppressi. Egli è secondo
 d'anni e di merti e ci conosce il mondo.
 COSROE
 Infino alle minacce
 temerario t'inoltri! Io voglio...
 MEDARSE
                                                         Ah padre
85non ti sdegnar, a lui concedi il trono,
 basta a me l'amor tuo.
 COSROE
                                           No, per sua pena
 voglio che in questo dì suo re t'adori,
 voglio oppresso il suo fasto e veder voglio
 qual mondo s'armi a sollevarlo al soglio.
 
90   Se il mio paterno amore
 sdegna il tuo cuore altero,
 più giudice severo
 che padre a te sarò.
 
    E l'empia fellonia
95che forse volgi in mente
 prima che adulta sia
 nascente opprimerò. (Parte)
 
 SCENA II
 
 SIROE e MEDARSE
 
 SIROE
 E puoi senza arrossirti
 fissar Medarse in sul mio volto i lumi?
 MEDARSE
100Olà così favella
 Siroe al suo re? Sai che de' giorni tuoi
 oggi l'arbitro io sono,
 cerca di meritar la vita in dono.
 SIROE
 Troppo presto t'avanzi
105a parlar da monarca, in su la fronte
 la corona paterna ancor non hai.
 E per pentirsi al padre
 rimane ancor di questo giorno assai.
 
 SCENA III
 
 EMIRA in abito da uomo, col nome d’Idaspe, e detti
 
 EMIRA
 Perché di tanto sdegno
110principi vi accendete?
 Ah cessino una volta
 le fraterne contese. In sì bel giorno
 d'amor, di genio eguali
 Seleucia vi rivegga e non rivali.
 MEDARSE
115A placar m'affatico
 gli sdegni del germano,
 tutto sopporto e m'affatico invano.
 SIROE
 Come finge modestia!
 EMIRA
                                           È a me palese
 l'umiltà di Medarse.
 SIROE
                                        Ah caro Idaspe
120è suo costume antico
 d'insultar simulando.
 MEDARSE
                                          Il senti amico? (Ad Emira)
 Quant'odio in seno accolga
 vedilo al volto acceso, al guardo bieco.
 EMIRA
 Parti, non l'irritar, lasciami seco.
 MEDARSE
 
125   Se tu mi vuoi felice,
 se radolcir lo puoi,
 tempra gli sdegni suoi,
 parlagli tu per me.
 
    E tu german ascolta
130quanto per me ti dice
 e pensa un'altra volta,
 che degno del tuo sdegno
 l'affetto mio non è. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 EMIRA e SIROE
 
 SIROE
 Bella Emira adorata.
 EMIRA
135Taci, non mi scoprir, chiamami Idaspe.
 SIROE
 Nessun ci ascolta e solo
 a me nota qui sei.
 Senti qual torto io soffro
 dal padre ingiusto.
 EMIRA
                                     Io già l'intesi e intanto
140Siroe che fa? Riposa
 stupido e lento in un letargo indegno
 e allor che perde un regno
 quasi inerme fanciullo armi non trova
 onde contrasti al suo destin crudele
145che infecondi sospiri e che querele.
 SIROE
 Che posso far?
 EMIRA
                              Che puoi!
 Tutto potresti. A tuo favor di sdegno
 arde il popol fedele, un colpo solo
 il tuo trionfo affretta
150ed unisce alla tua la mia vendetta.
 SIROE
 Che mi chiedi mia vita?
 EMIRA
                                               Un colpo io chiedo
 necessario per noi. Sai quale io sia?
 SIROE
 Lo so. L'idolo mio,
 l'indica principessa Emira sei.
 EMIRA
155Ma quella io sono a cui da Cosroe istesso
 Asbite il genitor fu già svenato.
 Ma son quella infelice
 che sotto ignoto ciel priva del regno
 erro lontan da le paterne soglie
160per desio di vendetta in queste spoglie.
 SIROE
 Oh dio per opra mia
 nella regia t'avanzi e giungi a tanto
 che di Cosroe il favor tutto possiedi.
 E ingrata a tanti doni
165puoi rammentarti e la vendetta e l'ira?
 EMIRA
 Ama Idaspe il tiranno e non Emira.
 Pensa, se tua mi brami,
 ch'io voglio la sua morte.
 SIROE
                                                Ed io potrei
 da Emira esser accolto
170immondo di quel sangue
 e coll'orror d'un parricidio in volto?
 EMIRA
 Ed io potrei spergiura
 veder del padre mio l'ombra negletta,
 pallida e sanguinosa
175girarmi intorno e domandar vendetta.
 E fra le piume intanto
 posar dell'uccisore al figlio accanto?
 SIROE
 Dunque...
 EMIRA
                      Dunque se vuoi
 stringer la destra mia Siroe già sai
180che devi oprar.
 SIROE
                               Non lo sperar già mai.
 EMIRA
 Senti, se il tuo mi nieghi
 è già pronto altro braccio. In questo giorno
 compir l'opra si deve; e sono io stessa
 premio della vendetta. Il colpo altrui
185se la tua destra prevenir non osa,
 non salvi il padre e perderai la sposa.
 SIROE
 Ah non son questi o cara
 que' sensi onde addolcivi il mio dolore.
 Qui l'odio ti conduce
190e fingi a me che ti conduca amore.
 EMIRA
 Io ti celai lo sdegno
 finché Cosroe fu padre, or ch'è tiranno
 vendicar teco volli i torti miei
 né il figlio in te più ritrovar credei.
 SIROE
195Parricida mi brami! E sì gran pena
 merta l'ardir d'averti amata!
 EMIRA
                                                       Assai
 m'è palese il tuo cor, no che non m'ami.
 SIROE
 Non t'amo!
 EMIRA
                        Ecco Laodice, ella che gode
 l'amor tuo lo dirà.
 SIROE
                                    Soffro costei
200sol per Cosroe che l'ama. In lei lusingo
 un possente nemico.
 
 SCENA V
 
 LAODICE e detti
 
 EMIRA
                                        Alfin giungesti
 a consolar, Laodice, un fido amante.
 O quante volte, o quante
 ei sospirò per te.
 LAODICE
                                  L'afferma Idaspe,
205il crederò.
 EMIRA
                      Ti dirà Siroe il resto.
 SIROE
 (Che nuovo stil di tormentarmi è questo).
 LAODICE
 E potrei lusingarmi
 che s'abbassi ad amarmi (A Siroe)
 prence illustre il tuo cor?
 EMIRA
                                                Per te sicuro
210è l'amor suo.
 SIROE
                           Per lei! (Piano ad Emira)
 EMIRA
                                           Taci spergiuro. (Piano a Siroe)
 LAODICE
 E rende amor sì poco
 il suo labro loquace!
 EMIRA
 Sai che un fido amatore avvampa e tace.
 LAODICE
 Ma il silenzio del labro
215tradiscon le pupille. Ed ei né meno
 fissa un guardo al mio volto; anzi confuso
 stupidi fissa in terra i lumi suoi.
 Direi che disapprova i detti tuoi.
 EMIRA
 Eh Laodice t'inganni.
220Siroe tu non conosci, io lo conosco.
 D'Idaspe egli ha rossore.
 SIROE
 Non è vero idol mio. (Piano ad Emira)
 EMIRA
                                         Sì traditore. (Piano a Siroe)
 LAODICE
 Siroe rossor! Sinora
 taccia non ha ma se v'è taccia in lui
225sai ch'è l'ardir, non la modestia.
 EMIRA
                                                            Amore
 cangia affatto i costumi.
 Rende il timido audace,
 fa l'audace modesto.
 SIROE
 (Che nuovo stil di tormentarmi è questo).
 EMIRA
230Meglio è lasciarvi in pace. a' fidi amanti
 ogn'altra compagnia troppo è molesta.
 LAODICE
 Idaspe, e pur mi resta
 un gran timor ch'ei non m'inganni.
 EMIRA
                                                                  Affatto
 condannar non ardisco il tuo sospetto.
235Mai nel fidarsi altrui
 non si teme abbastanza, il so per prova.
 Rara in amor la fedeltà si trova.
 
    Ancor io penai d'amore,
 fui tradito e piansi assai. (A Laodice)
240Tu puoi dir tutto il mio core, (A Siroe)
 tu lo sai chi mi tradì.
 
    Non fidarti ad ogni sguardo (A Laodice)
 che bugiardo e menzognero
 non s'accordi col pensiero.
245Ma di te che fido sei
 non saprei temer così. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 SIROE e LAODICE
 
 LAODICE
 Siroe non parli? Or di che temi? Idaspe
 più presente non è; spiega il tuo foco.
 SIROE
 (Che importuna). Ah Laodice
250scorda un amor ch'è tuo periglio e mio.
 Se Cosroe che t'adora
 giunge a scoprir...
 LAODICE
                                    Non paventar di lui,
 nulla saprà.
 SIROE
                         Ma Idaspe...
 LAODICE
                                                  Idaspe è fido
 e approva il nostro amore.
 SIROE
255Non è sempre d'accordo il labro e il core.
 LAODICE
 Ci tormentiamo invano
 s'altra ragion non v'è per cui si ponga
 tanto affetto in oblio.
 SIROE
 Altre ancor ve ne son. Laodice addio.
 LAODICE
260Senti. Perché tacerle?
 SIROE
                                          Oh dio, risparmia
 la noia a te d'udirle,
 a me il rossor di palesarle.
 LAODICE
                                                  E vuoi
 sì dubbiosa lasciarmi? Eh dille o caro.
 SIROE
 (Che pena). Io le dirò... No no, perdona,
265deggio partir.
 LAODICE
                            Nol soffrirò, se pria
 l'arcano non mi sveli.
 SIROE
                                          Un'altra volta
 tutto saprai.
 LAODICE
                          No no.
 SIROE
                                         Dunque m'ascolta.
 Ardo per altra fiamma, io son fedele
 a più vezzosi rai,
270non t'amerò, non t'amo e non t'amai;
 e se speri ch'io possa
 cangiar voglia per te, lo speri invano.
 Mi sei troppo importuna. Ecco l'arcano.
 
    Se al ciglio lusinghiero,
275se mostro ai detti amor,
 il ciglio è menzognero,
 il labro è mentitor,
 non gli dar fede.
 
    Credemi audace o stolto
280s'io non ti posso amar
 ma scordati il mio volto,
 ma più non mi contar
 fra le tue prede. (Parte)
 
 SCENA VII
 
 LAODICE, poi MEDARSE
 
 LAODICE
 E tolerar potrei
285così acerbo disprezzo!
 MEDARSE
 Sventurata Laodice
 quanto mi fai pietà, Siroe è un ingrato.
 LAODICE
 (Oh dio tutto ascoltò). Che parli, o prence?
 MEDARSE
 Eh non celarti a me, ti sono amico
290e del germano altero
 l'ingiustizia detesto. Una donzella
 leggiadra qual tu sei,
 che mill'alme innamora,
 importuna chiamar perché l'adora!
295Tanto non soffrirebbe
 la più deforme e vile
 femina della Persia.
 LAODICE
                                       Ed io lo soffro
 né posso vendicarmi.
 MEDARSE
                                          A Siroe giova
 la tua semplicità. Ma tu potresti
300umiliar quel superbo
 fino a chieder pietà.
 LAODICE
                                        Come?
 MEDARSE
                                                        Dovresti
 Cosroe irritar contro di lui, fingendo
 che Siroe ad onta sua ti chiede amore.
 Dovresti oprar che Arasse il tuo germano
305gli nieghi ogni sostegno e far ch'ei resti
 da tutti abandonato, allor vedrai
 mendicar quell'ingrato il tuo favore.
 LAODICE
 È ver, così l'audace
 supplice a me verrà.
 MEDARSE
                                        Ma giunge Arasse.
310Ricordati...
 LAODICE
                        Non più; so come io deggio
 vendicar i miei torti.
 MEDARSE
                                         (In quello sdegno
 veggo un nuovo soccorso al mio disegno). (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 LAODICE, ARASSE
 
 ARASSE
 Di te germana in traccia
 sollecito io ne vengo, il re sdegnato
315vuol Medarse sul trono.
 Tu dell'ingiusto padre
 svolgi se puoi lo sdegno
 ed in Siroe un eroe conserva al regno.
 LAODICE
 Siroe un eroe! T'inganni; ha un'alma in seno
320stoltamente feroce, un cor superbo
 che solo è di sé stesso
 insano ammirator, ch'altri non cura
 e che tutto in tributo
 il mondo al suo valor crede dovuto.
 ARASSE
325Che insolita favella! E credi...
 LAODICE
                                                        E credo
 necessaria per noi la sua rovina.
 La caduta è vicina,
 non t'opporre alla sorte.
 ARASSE
                                              E chi mai fece
 così cangiar Laodice?
 LAODICE
330Penetrar questo arcano a te non lice.
 ARASSE
 Condannerà ciascuno
 il tuo genio volubile e leggiero.
 LAODICE
 Costanza è spesso il variar pensiero.
 
    O placido il mare
335lusinghi la sponda
 o porti con l'onda
 terrore e spavento
 è colpa del vento,
 sua colpa non è.
 
340   S'io vo con la sorte
 cangiando sembianza
 virtù l'incostanza
 diventa per me. (Parte)
 
 SCENA IX
 
 ARASSE
 
 ARASSE
 Non tradirò per lei
345l'amicizia, il dover. Chi sa qual sia
 la taciuta cagione ond'è sdegnata.
 Sarà ingiusta o leggiera. È stile usato
 del molle sesso. Oh quanto,
 quanto donne leggiadre
350saria più caro il vostro amore a noi
 se costanza e beltà s'unisse in voi.
 
    L'onda che mormora
 tra sponda e sponda,
 l'aura che tremola
355tra fronda e fronda
 è meno istabile
 del vostro cor.
 
    Pur l'alme semplici
 de' folli amanti
360sol per voi spargono
 sospiri e pianti
 e da voi sperano
 fede in amor. (Parte)
 
 SCENA X
 
 Camera interna di Cosroe con tavolino e sedia.
 
 SIROE con foglio
 
 SIROE
 Dall'insidie d'Emira
365si tolga il genitor, con questo foglio
 di mentiti caratteri vergato
 si palesi il periglio
 ma si celi l'autor. Se il primo io taccio
 tradisco il padre e se il secondo io svelo
370sacrifico il mio ben. Così... Ma parmi (Posa il foglio)
 che il re s'inoltri a questa volta, oh dio
 che farò? S'ei mi vede
 dubiterà che venga
 da me l'avviso ed a scoprirgli il reo
375m'astringerà. Meglio è celarsi. Oh numi
 da voi difesa sia
 Emira, il padre e l'innocenza mia.
 
 SCENA XI
 
 COSROE, SIROE in disparte e poi LAODICE
 
 COSROE
 Che da un superbo figlio
 prenda leggi il mio cor! Troppo sarei
380stupido in tolerarlo. E quale o cara (Vedendo Laodice)
 insolita ventura a me ti guida?
 LAODICE
 Vengo a chieder difesa, in questa regia
 non basta il tuo favor perch'io non tema.
 V'è chi m'insulta e mi minaccia.
 COSROE
                                                             A tanto
385chi potrebbe avvanzarsi?
 LAODICE
                                                E il mio delitto
 è l'esser fida a te.
 COSROE
                                   Scopri l'indegno
 e lascia di punirlo a me la cura.
 LAODICE
 Un tuo figlio procura
 di sedurre il mio amor, perch'io ricuso
390di renderlo contento
 minaccia il viver mio.
 SIROE
                                           (Numi, che sento!)
 COSROE
 Dell'amato Medarse
 esser colpa non può. Siroe è l'audace.
 LAODICE
 Purtroppo è ver. Tu vedi
395qual uopo ho di soccorso; imbelle e sola
 contro un figlio real che far poss'io.
 SIROE
 (Tutto il mondo congiura a danno mio).
 COSROE
 Anche in amor costui
 rivale ho da soffrir! Tergi i bei lumi,
400rassicurati o cara. Ah Siroe ingrato (Passeggiando)
 ancor questo da te! Cosroe non sono
 s'io non farò... Basta... Vedrai.
 SIROE
                                                         (Che pena!)
 LAODICE
 (Fu mio saggio consiglio
 il prevenir l'accusa).
 COSROE
                                        Indegno figlio! (Siede; e s’avvede del foglio, lo prende e legge da sé)
 LAODICE
405S'io preveder potea
 nel tuo cor tanto affanno avrei... (Qual foglio
 stupido ei legge e impallidisce!)
 COSROE
                                                             Oh numi
 e che più di funesto
 può minacciarmi il ciel, che giorno è questo! (S’alza)
 LAODICE
410Che ti affligge o signor?
 
 SCENA XII
 
 MEDARSE e detti
 
 MEDARSE
                                              Padre io ti miro
 cangiato in volto.
 COSROE
                                  Ah senti
 caro Medarse e innorridisci.
 MEDARSE
                                                      (Un foglio!)
 LAODICE
 Che mai sarà!
 COSROE
                             «Cosroe, chi credi amico (Legge)
 insidia la tua vita. In questo giorno
415il colpo ha da cader. Temi in ciascuno
 il traditor. Morrai, se i tuoi più cari
 della presenza tua tutti non privi.
 Chi ti avvisa è fedel, credilo e vivi».
 LAODICE
 Gelo d'orrore!
 COSROE
                             E qual pietà crudele
420è il salvarmi così? Da mano ignota
 mi vien l'avviso e mi si tace il reo.
 Dunque temer degg'io
 gli amici, i figli? In ogni tazza ascosa
 crederò la mia morte? In ogni acciaro
425la minaccia crudel vedrò scolpita?
 E questo è farmi salvo? E questa è vita?
 SIROE
 (Misero genitor!)
 MEDARSE
                                   (Non si trascuri
 sì opportuna occasion).
 COSROE
                                             Medarse tace.
 Laodice non favella?
 LAODICE
                                        Io son confusa.
 MEDARSE
430S'io non parlai finor volli al tuo sdegno
 un reo celar che ad ambi è caro, alfine
 quando giunge all'estremo il tuo cordoglio
 non ho cor di tacerlo. È mio quel foglio.
 SIROE
 (Ah mentitor).
 COSROE
                              L'empio conosci e ancora
435l'ascondi all'ira mia?
 MEDARSE
                                         Padre adorato (S’inginocchia)
 perdona al traditor, basti che salvi
 siano i tuoi giorni. Ah non voler nel sangue
 di questo reo contaminar la mano.
 Chi t'insidia è tuo figlio e mio germano.
 SIROE
440(Che tormento è tacer).
 COSROE
                                              Sorgi, a Medarse
 chi l'arcano scoprì?
 MEDARSE
                                      Fu Siroe istesso.
 LAODICE
 (Chi 'l crederebbe!)
 MEDARSE
                                       Ei mi volea compagno
 al crudel parricidio. Invan m'opposi,
 la tua morte giurò, perciò Medarse
445in quel foglio scoprì l'empio desio.
 SIROE
 Medarse è un traditor. Quel foglio è mio! (Si scopre)
 MEDARSE
 (Oh ciel!)
 LAODICE
                     (Che mai sarà!)
 COSROE
                                                    Siroe nascoso
 nelle mie stanze?
 MEDARSE
                                   Il suo delitto è certo.
 SIROE
 Ei mente, a te mi trasse
450il desio di salvarti. Un core ardito
 ti desidera estinto e sei tradito.
 
 SCENA XIII
 
 EMIRA sotto nome d’Idaspe e detti
 
 EMIRA
 Chi tradisce il mio re! Per sua difesa
 ecco il braccio, ecco l'armi.
 SIROE
 Solo Idaspe mancava a tormentarmi.
 COSROE
455Vedi amico a qual pena (Dà il foglio ad Emira, quale lo legge da sé)
 mi serba il ciel.
 LAODICE
                               (Che inaspettati eventi!)
 EMIRA
 Donde l'avviso? È noto il reo? (Rende il foglio a Cosroe)
 MEDARSE
                                                         Medarse
 tutto svelò.
 SIROE
                       Il germano
 t'inganna, Idaspe, io palesai l'arcano.
 COSROE
460Dunque perché non scopri
 l'insidiator?
 SIROE
                          Dirti di più non deggio.
 EMIRA
 Perfido, e in questa guisa
 di mentita virtù copri il tuo fallo?
 A chi giovar pretendi? Hai già trovato
465l'offensore, l'offeso. Ei non è salvo,
 interrotto è il disegno
 e vanti per tua gloria un foglio indegno?
 Traditore, io vorrei...
 Signor, de' sdegni miei (A Cosroe)
470perdon ti chiedo, è il mio dover che parla.
 Perché son fido al padre
 io non rispetto il figlio.
 È mio proprio interesse il tuo periglio.
 LAODICE
 (Che ardir!)
 COSROE
                          Quanto ti deggio amato Idaspe.
475Impara ingrato impara. Egli è straniero,
 tu sei mio sangue; il mio favore a lui,
 a te donai la vita; e pure ingrato
 ei mi difende e tu m'insidi il trono.
 SIROE
 Difendermi non posso e reo non sono.
 MEDARSE
480L'innocente non tace, io già parlai.
 EMIRA
 Via che pensi? Che fai? Chi giunse a tanto
 può ben l'opra compir. Tu non rispondi?
 So perché ti confondi. Hai pena e sdegno
 che del tuo core indegno
485tutta l'infedeltà mi sia palese.
 Perciò taci e arrossisci,
 perciò né meno in volto osi mirarmi.
 SIROE
 Solo Idaspe mancava a tormentarmi.
 COSROE
 Medarse, quel silenzio
490giustifica l'accusa.
 MEDARSE
                                    Io non mentisco.
 EMIRA
 Se un mentitor si cerca
 Siroe sarà.
 SIROE
                       Ma questo è troppo, Idaspe.
 Non ti basta? Che vuoi?
 EMIRA
                                              Vuo' che tu assolva
 da' sospetti il mio re.
 SIROE
                                         Che dir poss'io?
 EMIRA
495Di' che il tuo fallo è mio. Di' pur ch'io sono
 complice del delitto, anzi che tutta
 è tua la fedeltà, la colpa è mia.
 Capace ancor di questo egli saria. (A Cosroe)
 COSROE
 Ma lo sarebbe invan. Facile impresa
500l'ingannarmi non è. So la tua fede.
 EMIRA
 Così fosse per te di Siroe il core.
 COSROE
 Lo so ch'è un traditore. Ei non procura
 difesa né perdono.
 SIROE
 Difendermi non posso e reo non sono.
 MEDARSE
505E non è reo chi niega
 al padre un giuramento?
 LAODICE
 Non è reo l'ardimento
 del tuo foco amoroso?
 COSROE
 Non è reo chi nascoso
510io stesso ho qui veduto?
 EMIRA
 Non è reo chi ha potuto
 recar quel foglio e si sgomenta e tace
 quando seco io ragiono?
 SIROE
 Tutti reo mi volete e reo non sono.
 
515   La sorte mia tiranna
 farmi di più non può.
 M'accusa e mi condanna
 un'empia ed un germano,
 l'amico e il genitor.
 
520   Ogni soccorso è vano,
 che più sperar non ho,
 perché fedel son io,
 questo è il delitto mio,
 questo diventa error. (Parte)
 
 SCENA XIV
 
 COSROE, EMIRA, MEDARSE e LAODICE
 
 COSROE
525Olà s'osservi il prence.
 EMIRA
                                            A la tua cura
 io veglierò.
 MEDARSE
                        Quand'hai tant'alme fide
 paventi un traditor?
 LAODICE
                                        Troppo t'affanni.
 COSROE
 Chi sa qual sia fedele e qual m'inganni.
 EMIRA
 E puoi temer di me?
 COSROE
                                         No caro Idaspe.
530Anzi tutta confido
 al tuo bel cor la sicureza mia.
 Scuopri l'indegna trama
 ed in Cosroe difendi un re che t'ama.
 EMIRA
 Ad anima più fida
535commetter non potevi il tuo riposo,
 del mio dover geloso il sangue stesso
 io verserò signor, quando non basti
 tutta l'opra e 'l consiglio.
 COSROE
 Trovo un amico allor che perdo un figlio.
 
540   Al torrente che ruina
 dalla gelida pendice
 sia riparo a un infelice
 la tua bella fedeltà.
 
    Il periglio s'avvicina,
545a fuggirlo è incerto il piede,
 se gli manca la tua fede
 altra scorta un re non ha. (Parte)
 
 SCENA XV
 
 EMIRA, MEDARSE, LAODICE
 
 MEDARSE
 Avresti mai creduto
 in Siroe un traditor?
 LAODICE
                                         Tanto infedele
550lo provedesti e temerario tanto?
 EMIRA
 E qual viltade è questa
 d'insultar chi non v'ode? Alfin dovrebbe
 più rispetto Medarse ad un germano,
 a un principe Laodice.
555Non sempre delinquente è un infelice.
 MEDARSE
 Che pietà!
 LAODICE
                       Che difesa!
 MEDARSE
                                              E tu finora
 non l'insultasti?
 LAODICE
                                Or qual cagion ti muove
 a sdegnarti con noi!
 EMIRA
 A me lice insultarlo e non a voi.
 MEDARSE
560Così presto ti cangi? Or lo difendi,
 or lo vorresti oppresso.
 EMIRA
 A voi par ch'io mi cangi e son l'istesso.
 LAODICE
 L'istesso! Io non t'intendo.
 MEDARSE
                                                   Eh non produce
 sì diversa favella un sol pensiero.
 EMIRA
565So che strano vi sembra e pure è vero.
 
    Vedeste mai sul prato
 cader la pioggia estiva?
 Talor la rosa avviva
 a la viola appresso;
570figlio del prato istesso
 è l'uno e l'altro fiore
 ed è l'istesso umore
 che germogliar gli fa.
 
    Il cor non è cangiato
575se accusa o se difende.
 Una cagion m'accende
 di sdegno e di pietà. (Parte)
 
 SCENA XVI
 
 LAODICE e MEDARSE
 
 LAODICE
 Gran mistero in que' detti Idaspe asconde.
 MEDARSE
 Semplice e tu lo credi? A te dovrebbe
580esser nota la corte. È di chi gode
 del principe il favor questo il costume.
 Gli enigmi artificiosi
 sembrano arcani ascosi. Allor che il volgo
 gl'intende men, più volontier gli adora,
585figurandosi in essi
 quel che teme o desia ma sempre invano,
 che v'è spesso l'enigma e non l'arcano.
 LAODICE
 Non credo che sian tali
 d'Idaspe i sensi. È ver ch'io non gl'intendo
590ma vo quando l'ascolto
 cangiando al par di lui voglia e pensiero
 né so più quel che temo e quel che spero.
 
    L'incerto mio pensiere
 non ha di che temere,
595di che sperar non ha
 e pur temendo va,
 pur va sperando.
 
    Senza saper perché
 n'andò così da me
600la pace in bando. (Parte)
 
 SCENA XVII
 
 MEDARSE
 
 MEDARSE
 Gran cose io tento e l'intrapreso inganno
 mostra il premio vicino. In mezzo a tanti
 perigliosi tumulti io non pavento.
 Non si commetta al mar chi teme il vento.
 
605   Fra l'orror de la tempesta
 che alle stelle il volto imbruna
 qualche raggio di fortuna
 già comincia a scintillar.
 
    Doppo sorte sì funesta
610sarà placida quest'alma.
 E godrà tornata in calma
 i perigli a rammentar.
 
 Il fine dell’atto primo